2 marzo 2025 8a domenica TO
La pagliuzza e la trave
«Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?» (Lc 6,41).
Disceso dalla montagna, dopo una notte di preghiera, Gesù sceglie i suoi apostoli. Giunto in un luogo pianeggiante rivolge loro un lungo discorso che inizia con la proclamazione delle Beatitudini.
Nel testo di Luca, a differenza del vangelo di Matteo, esse sono solo quattro e riguardano i poveri, gli affamati, i sofferenti e gli afflitti, con l’aggiunta di altrettanti ammonimenti contro i ricchi, i sazi e gli arroganti.
Di questa predilezione di Dio nei confronti degli ultimi, Gesù ne fa la sua missione quando, nella sinagoga di Nazareth, afferma di essere pieno dello Spirito del Signore e di portare ai poveri il lieto annuncio, la liberazione ai prigionieri e la libertà agli oppressi.
Gesù continua esortando i discepoli ad amare perfino i nemici; messaggio che trova la sua motivazione ultima nel comportamento del Padre celeste: «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 36).
Tale affermazione è anche il punto di partenza di quanto segue: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati» (Lc 6, 37). Poi Gesù ammonisce tramite un’immagine volutamente sproporzionata:
«Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?».
Gesù conosce veramente il nostro cuore. Quante volte nella vita di ogni giorno facciamo questa triste esperienza: è facile criticare – anche con rigore – in un fratello o in una sorella errori e debolezze senza tenere conto che, così facendo, ci attribuiamo una prerogativa che appartiene a Dio solo. Il fatto è che per “toglierci la trave” del nostro occhio ci occorre quell’umiltà che nasce dalla consapevolezza di essere peccatori continuamente bisognosi del perdono di Dio. Solo chi ha il coraggio di accorgersi della propria “trave”, di ciò di cui ha personalmente bisogno per convertirsi, potrà comprendere senza giudicare, senza esagerare, le fragilità e le debolezze proprie e degli altri.
Tuttavia, Gesù non invita a chiudere gli occhi e a lasciar correre le cose. Lui vuole che i suoi seguaci si aiutino vicendevolmente nel progredire sulla via di una vita nuova. Anche l’apostolo Paolo chiede con insistenza di preoccuparsi degli altri: di correggere gli indisciplinati, di confortare i pusillanimi, di sostenere i deboli, di essere pazienti con tutti4.
Solo l’amore è capace di un simile servizio.