Le due certezze della vita di Andrea sono gli anni di ergastolo che gli restano da scontare e la fede nel Signore. Da dodici anni vive negli istituti penitenziari, da quando venne arrestato per associazione mafiosa.
Ma tra le mura della cella ha incontrato Cristo. “Anzi – racconta – riscoperto perché fin da piccolo ho avuto l’esempio di mia madre, una contadina dalla profonda generosità”. In carcere è conosciuto tra i volontari e gli altri detenuti per la sua immensa fiducia nel Signore. “Non rimpiango il passato, se sono qui è perché Lui l’ha permesso. Ho riscoperto la fede e la salvezza dell’anima. Se fossi rimasto fuori forse non sarebbe accaduto”.
In carcere lui ci vive come se fosse in convento. Al mattino recita il Rosario sulle onde di Radio Maria; quando andrà a dormire, verso le ventitré, saranno almeno quattro i Rosari recitati. La maggior parte della giornata sta in biblioteca a studiare e a meditare. I teologi preferiti sono S. Tommaso e S. Agostino “Anche se quest’ultimo a volte è un po’ difficile” ammette Andrea, che ha fatto la quinta elementare. Le medie le ha conseguite in carcere.
Risponde alle numerose lettere che arrivano. “Ho dovuto ‘tagliare’ con un po’ di persone con le quali mi scrivevo: costavo troppo”. Ne sono rimaste trenta. Una donna gli chiede di pregare per la figlia ammalata di tumore.
Ma non ha il desiderio di uscire? “La mia pace e la mia libertà le trovo qui, in carcere, nella preghiera, nelle corrispondenze” risponde lui.
Cuoco provetto, Andrea negli anni settanta aprì un ristorante a Varese. Il locale divenne presto uno dei più frequentati. Tra i clienti, anche alcuni mafiosi. E i clienti vanno sempre coccolati. “È vero, ho commesso delle leggerezze. Ma da qui ad essere mafioso…”.
Andrea emana una serenità innaturale per un carcere. Alcuni lo considerano pazzo ma a lui non importa, continua a recitare Rosari…
Da “Avvenire”