Da sei anni don Andrea Santoro viveva da solo a Trabzon, città turca sul Mar Nero. Unico cristiano in un ambiente totalmente musulmano: solo la domenica aveva con sé una decina di cattolici, che per raggiungerlo dovevano percorrere decine e centinaia di chilometri. Viveva da solo tra i musulmani come Charles de Foucauld all’interno del Sahara e come Annalena Tonelli nel Somaliland e come loro è stato ucciso (5 febbraio 2006) in circostanze che forse non verranno mai chiarite.
La Turchia per lui era una Terra Santa «perché vi sono passati gli apostoli e vi è scorso il sangue dei martiri».
Don Andrea spiegava così la sua missione: «Ci tirano sassi, non me ne vado: è Vangelo». Apriva la sua chiesa ai visitatori musulmani due volte la settimana. Non si spaventava se i ragazzi del quartiere entravano di corsa a sputare sul pavimento e di corsa fuggivano e se la sera, quando scriveva agli amici lontani, sobbalzava al botto di un sasso o di una bottiglia di plastica piena d’acqua che qualche “bullo” lanciava contro la sua porta. «È gente buona», diceva ai visitatori. E ancora: «Stare qui è difficile ma è Vangelo. Dobbiamo essere come agnelli, seguendo l’insegnamento di Gesù».
Raccontava: «Un giorno durante l’orario delle visite, un giovane sulla trentina si avvicina e mi dice: “Che tu possa accogliere l’Islam!… Dio giudicherà con misericordia, ma dipende dalla religione che si è professata… perché non accoglie Maometto? Gesù non è il Figlio di Dio… Accogli l’Islam!”.“Dio è grande, gli rispondo io. Lascia a lui il giudizio. Puoi forse sostituirti a Lui? La carità è più grande della fede…”. Il giovane continua con un misto di durezza e alterigia. C’è una coppia di fidanzatini che ci osserva. Lei ha il velo, ascolta tutto. Uscendo, mi passa accanto come un angelo e mi sussurra: “Her din Kutsal dir” (“Ogni religione è santa”) e mi pare che queste sue parole consacrino questo luogo, la preghiera che vi si fa e la fede che vi si vive. M’è sembrata una goccia di rugiada, la dimostrazione che davvero la carità è più grande della fede».
(Tratto da “corriere.it” 06/02/06 e da “Finestra per il medioriente” 06/04)