Salendo sull’autobus per tornare nella città dove studio, mi accorgo che accanto al posto prenotato siede una signora con un bambino coperto da piaghe. Mi riesce un po’ difficile accettare questa compagnia, e vorrei cambiare posto. Ma cerco di vincere il senso di ripugnanza e mi siedo.
Il viaggio è lungo e cominciamo a parlare. La signora mi racconta che sta andando nella stessa città dove vado io e spera di riuscire a far curare il suo bambino. Non ha soldi, non un posto dove alloggiare; ha soltanto un nome, un indirizzo e tanta speranza. Il posto dove dovrebbe andare è una favela. Come potranno aiutarla?
Arriviamo nella città di notte e mi rendo conto che non posso lasciare quella persona in mezzo alla strada. Penso alle parole del Vangelo: «Tutto quello che avete fatto… l’avete fatto a me». Nonostante le difficoltà che potrei incontrare con l’amica con la quale condivido la stanza, mi sento spinta ad accompagnare la signora e il bambino dove abito io.
Arrivati a destinazione, mi accorgo che lei saluta qualcuno. Ad attenderla era proprio la persona che l’aspettava.
M. F. – Brasile