Un giorno, andando all’università, sono passato da una chiesa. Ero lì in preghiera quando mi si avvicina, zoppicando, un ragazzo vestito di stracci e con uno zaino molto pesante. È per chiedermi un’elemosina. Mi alzo e insieme andiamo verso la porta per non disturbare le persone sedute nei banchi.
Lì egli si apre sulla sua situazione: mancavano tre giorni per entrare in una comunità di recupero, ma non aveva i soldi per mangiare né sapeva dove andare a dormire. Mi mostra anche una brutta piaga ad una gamba.
Avevo con me solo il denaro sufficiente per comperare un libro per un esame e per mangiare in mensa. Mi sono voltato verso l’altare e con fede: “Gesù – gli ho detto fra me – tu sai che questi soldi mi servono, ma io credo all’amore del Padre…”. Li ho presi e gli ho dati al ragazzo, il cui volto si è illuminato. Ancora fuori della chiesa lui continuava a ringraziarmi… Poi sono andato in facoltà, ed è passata la mattinata senza che pensassi più all’accaduto.
A mezzogiorno, in mensa, mi servo col mio vassoio e consegno la mia tessera magnetica alla cassiera, che mi dà uno scontrino con stampato “euro 0”. Come mai? Lei mi chiede se avevo fatto la domanda per borsa di studio. Rispondo di sì, ma che non ero entrato in graduatoria. E lei: “Hai perso la borsa, ma in compenso ti hanno assegnato la mensa gratuita per tutto l’anno”.
Sento un “tonfo” al cuore: il Padre lassù non aveva aspettato neanche due ore per ricambiare…
Stefano, Padova