Ho passato la mia infanzia e la prima adolescenza in Unione Sovietica. La vita sacramentale ed in particolare quella Eucaristica doveva svolgersi nella clandestinità. Ciò che sento ancora vivo e porto impresso nella memoria è l’atteggiamento verso la S. Comunione.

Negli anni cinquanta, al beato Alessio Saritski (morto martire in Kazakhstan nel 1963) durante le sue visite clandestine ai cattolici deportati nei Monti Urali, dove si trovavano i miei genitori, mia madre ha chiesto di lasciare un’ostia consacrata per sua madre gravemente ammalata, la quale desiderava ardentemente ricevere ancora una volta la S. Comunione prima di morire, giacché non si sapeva quando sarebbe tornato un sacerdote in quella regione. Il beato Alessio lasciando un’ostia consacrata diede a mia madre le istruzioni per amministrare la S. Comunione nel modo più decoroso possibile.

Arrivato il tempo opportuno, mia madre ha indossato i guanti bianchi e con una pinzetta amministrò la S. Comunione a sua madre. Questa fu l’ultima comunione per lei. Mia madre ardeva dal desiderio di ricevere quell’Ostia, ma non potendo farlo sacramentalmente lo fece spiritualmente. Sono passati alcuni anni prima che mia madre potesse ricevere la S. Comunione, ma quella Comunione spirituale le dava la forza di restare fedele durante la persecuzione e trasmettere l’amore per l’Eucaristia ai suoi figli.

(Testimonianza di P. Athanasius Shneider al Sinodo del Vescovi)