Una giovane del Guatemala, Moira, indigena cattolica, discendente dei maya Kacjchichel, prima di 11 fratelli, aveva un forte complesso di inferiorità nei confronti dei meticci e soprattutto dei bianchi.
Ecco come Moira racconta il suo incontro con Fiore, che “non aveva preferenze”, parlava al cuore della gente, facendo cadere ogni barriera: «Non dimenticherò mai l’accoglienza festosa di Fiore. Il suo amore verso di me era un riflesso dell’amore di Dio.
La mia cultura indigena e l’educazione familiare mi avevano abituata ad atteggiamenti piuttosto chiusi e duri, tanto da allontanare chi stava accanto a me. Fiore mi è stata maestra, guida, modello… e mi ha aiutato a uscire da me stessa per andare con fiducia verso gli altri.
Mi ha anche proposto di riprendere gli studi e mi ha sostenuta e incoraggiata, quando, per le difficoltà di cultura e di metodo, ero tentata di lasciare tutto. Ho potuto conseguire il diploma di segretaria d’azienda.
Soprattutto mi ha trasmesso la consapevolezza della mia dignità umana. Mi ha fatto superare quel senso di inferiorità che, da indigena, mi portavo dentro come un marchio. Fin da ragazzina sognavo di fare una battaglia per riscattare la mia gente, ma da Fiore ho capito che dovevo cominciare da me stessa. Essere io “nuova” se volevo che nascesse un ‘popolo nuovo’.”
(Chiara Lubich, maggio 2006)