Quel giorno una collega infermiera era agitatissima. Capivo che la situazione in ospedale non era semplice, ma mi è sembrato che il suo modo di fare fosse oltremisura. Mi sono messo ad ascoltarla se parlava, a prevenire un suo bisogno quando cercava qualcosa.
Stavo uscendo dall’ospedale dopo il lavoro. Lei stava aspettando il marito e mi ha rivolto la parola: “Come fai a non mollare mai? Al tuo posto manderei tutto a…”. L’ho guardata senza dire niente. Lei, dopo un po’, con tono raddolcito, mi fa: “So che hai una fede e capisco che il tuo comportamento ha radici profonde. Non sei lo stupido e molle bonaccione come tanti ti definiscono, sei il più forte di tutti noi. Ti ammiro e ti sono grata!”.
Quando è arrivata l’auto col marito, mi ha chiesto se potessero accompagnarmi da qualche parte. Ho accettato. Durante il tragitto, lei gli ha parlato di me definendomi come la forza che regge il nostro reparto. Insieme poi mi hanno invitato a cena da loro perché io potessi raccontare anche ai figli la mia esperienza di fede.
B.S. – Serbia