Avevamo un cugino con le “mani lunghe”: quando veniva a trovarci, piccoli oggetti sparivano dalla nostra casa per ricomparire in quella degli zii.  

Delicatamente la mamma segnalò loro la cosa, ma rimasero così offesi che troncarono i rapporti con noi. Da cristiani, cercammo un’occasione per riallacciarli, ed essa si presentò quando il cugino, ormai adolescente, fu espulso dalla scuola perché scoperto a rubare ai compagni. Fu allora che mio padre suggerì a quei parenti il nome di uno specialista che avrebbe potuto essere di aiuto. Pur con immenso dolore e vergogna, gli zii ammisero che il figlio era cleptomane.  

Mia madre propose loro di fare le vacanze insieme e a noi figli raccomandò di essere generosi con il cugino, dandogli la massima fiducia. Furono giorni belli e sereni. Anche lui era felice. L’accompagnamento psicoterapeutico, anche con medicine, giovò a tutta la famiglia.  

Mia zia un giorno si confidò: «Eravamo così orgogliosi della nostra famiglia che ci sentivamo superiori. Eravamo malati di superbia».  

J. G.  – Spagna