Circolava la storia di un giova- ne che, in stato di isolamento do- vuto alla pandemia, aveva ritro- vato la vicinanza di Dio, puntuale e concreta.

Riferendosi a questa esperienza, un amico uscito indenne dal contagio ha condiviso come la sua, simile: «Ho pregato come non sapevo pregare. Non per guarire, ma per entrare meglio nel mistero della vita. Il nostro Dio, essendosi fatto uomo come noi, è come se fosse un nostro “gemello”. Nei nostri dolori, le nostre lacrime diventano le sue; la nostra felicità, la sua gioia; il nostro peccato, lo fa suo. Le no- stre preghiere, le nostre invoca- zioni lo scuotono al punto che non riesce a rimanere inerte, ma, con il cuore che gli scoppia di te- nerezza viene in nostro soccorso.
L’esperienza di quel giovane, qualche anno fa, l’ho vissuta io, sia pure con altre modalità. Ho capito di avere un Padre che pensa sempre a me, sa tutto di me e solo arrivare nell’intimo del- la mia anima. In lui mi butto ad occhi chiusi perché, alla fine, vuole assolutamente che io stia con lui».

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