Avendo saputo che un giovane profugo albanese cercava alloggio, lo aiutiamo nella ricerca e intanto lo ospitiamo a casa nostra. I nostri parenti non sono d’accordo, ci mettono davanti tanti problemi e ci dicono che siamo degli incoscienti, ma forse proprio anche per questa rottura momentanea, troviamo nell’unità tra noi due la forza per andare avanti comunque.

Dopo pochi giorni si trova un appartamento. Assieme a B., un artigiano che aveva deciso di assumere un albanese, ci rechiamo alla caserma per concretizzare la cosa. L’impatto con quel luogo, dove centinaia di persone attendono una sistemazione, è duro. Ci sentiamo impotenti, ma B. alla fine decide di assumere non uno ma tre albanesi, di cui uno minorenne, che terrà egli stesso in affidamento.

Sono sufficienti pochi mesi perché i tre giovani si inseriscano nel lavoro e si integrino anche nella vita del paese, dove abbiamo cercato di coinvolgere più gente possibile per dar loro modo di sentirsi parte di una grande famiglia.

S.E. – Italia