Incontrai Alvaro in una trattoria: 35 anni, trasandato e con la barba incolta. Quando mi chiese di aiutarlo a compilare delle domande di lavoro, gli diedi appuntamento per il giorno dopo nel mio studio. Si presentò verso sera, dicendo che in realtà chiedeva solo amicizia.

Mi fece compassione e, superando il disgusto per l’odore che emanava, gli offrii del brandy. Lui capì che non lo giudicavo e cominciò a raccontarmi i suoi problemi, da quando, bambino, era stato abbandonato dalla madre e il padre era finito in prigione. Le ore passavano e lui, come in confessione, continuava a dirmi di sé. Albeggiava quando si accorse che era giorno e, scusandosi, mi salutò.

Lo rividi altre volte, gli feci conoscere i miei amici che lo accolsero con eguale familiarità. Lui ricambiava con vari lavoretti: un vero aggiustatutto. Riuscì poi a trovare un lavoro stabile, fece anche carriera, si sposò e divenne padre di due bambini. Quando anni dopo, mi raccontò tutto questo, era un’altra persona. Aveva ritrovato la sua dignità, grazie alla fiducia che gli avevamo dimostrato.

A.C. – Italia