19 settembre 2021 – 25a domenica Tempo Ordinario
Sap 2,12.17-20 / Gc 3,16 – 4,3 / Mc 9,30-37
Se uno vuole essere il primo, sia ultimo e servitore di tutti (Mc 9,35)
La contestazione più radicale ad una concezione del potere come dominio e sfruttamento degli altri è la vita stessa di Gesù. Il vangelo propone un cammino di fede affascinante e impegnativo per i discepoli di Gesù. Di fronte ad un insegnamento che parla di sofferenza, umiltà e servizio è più che comprensibile la loro inquietudine e la paura delle conseguenze: in effetti la fede cristiana esige coraggio. Il coraggio dell’amore e della fiducia, che Gesù esemplifica oggi con l’immagine di un bambino che egli pone in mezzo a loro.
Il racconto, oggetto della lettura odierna, si articola in due momenti. Nel primo, durante il cammino, Gesù continua il suo insegnamento sul proprio destino di morte e risurrezione. Ma i discepoli sembrano non voler capire. Nel secondo momento, nella casa a Cafarnao, è Gesù ad interrogare i discepoli sui loro discorsi lungo la strada. La domanda di Gesù, come il suo insegnamento, non ha risposta. Quasi a dirci la solitudine di Gesù da una parte e il fatto che i suoi discepoli sembrano in ascolto di altri maestri, di altre lezioni, dall’altra.
Gesù si siede, assume la posizione del maestro, poi convoca “i dodici”, la sua cerchia di amici più intimi e i suoi inviati. E in questa solenne cornice Gesù dà il suo insegnamento. Parla di “primo” e detta le condizioni dell’eccellenza: diventare ultimo fra tutti e servo di tutti. Gesù delinea una nuova forma di essere discepoli: essere capaci di scegliere l’ultimo posto, come Lui.
Egli ci sospinge a entrare nella logica del seme che muore, per dare frutto. In altre parole, ci spinge ad entrare nell’amare le cose e gli uomini come Lui li ha amati, cioè fino al dono di sé. Amare senza contabilità. Perché questo è il capolavoro della vita: amare al di là di ogni limite.