L’apostolo Pietro (dopo la triplice negazione) ha capito. Egli sa troppo bene che cosa Gesù gli chiede. Amare Lui, Gesù, non significa dire sì con molto entusiasmo; significa dare la vita per lui.
In questi giorni un fatto mi ha colpito tanto: Dio vuole da me proprio ciò che vorrei nascondere in me: il fallimento, la limitatezza, il dolore.
Perché Dio vuole proprio ciò che mi sembra negativo?
Nel cercare una risposta, il fallimento di Pietro mi era di aiuto. Ho capito. Dio non si contenta di ciò che gli ho dato finora. Vuole tutto. Vuole persino la mia miseria. Questo è inconcepibile; ma ora so che è l’unica cosa che posso dare veramente al Signore.
Così l’avrà sentito anche Pietro; il suo fallimento va capovolto: anziché una condanna, un nuovo invito ad amare di più il Signore.
Ora capisco anch’io; pian piano fiorisce in me una gioia profonda: Dio colmerà ogni mia deficienza. Meno posso offrirgli, più egli colmerà questo mio vuoto con la sua presenza.
Che logica strana! Poiché io spesso non ho niente su cui appoggiarmi, Dio può essere tutto in me.
Dieter (Germania)